INQUINAMENTO e LETALITÀ del Covid-19, ci sono legami?
I dati potrebbero indicare una correlazione tra inquinamento e letalità da Covid-19. Si tratta di studi che, ovviamente, necessitano ancora di diverse conferme. Quindi prendiamoli per quello che sono.
Già durante la prima ondata si teorizzava su una possibile correlazione tra inquinamento e coronavirus anche nella sua trasmissione nell’aria attraverso il particolato. Questa teoria non ha ad oggi alcun fondamento anzi, uno studio multidisciplinare, condotto a Maggio 2020, ha analizzato le concentrazioni in atmosfera di SARS-CoV-2 a Venezia e Lecce, per cercare di evidenziare evidenziandone la trasmissione airborne. La ricerca, pubblicata su Environment International, è stata condotta dall’ISAC-CNR, dall’Università Ca’ Foscari di Venezia e dall’IZS della Puglia e della Basilicata è arrivato alla seguente conclusione: “tutti i campioni raccolti nelle aree residenziali e urbane in entrambe le città sono risultati negativi, la concentrazione di particelle virali è risultata molto bassa nel PM10 (inferiore a 0.8 copie per m3 di aria) e in ogni intervallo di dimensioni analizzato (inferiore a 0,4 copie/m3 di aria). Pertanto, la probabilità di trasmissione airborne del contagio in outdoor, con esclusione di quelle zone molto affollate, appare molto bassa, quasi trascurabile. Negli assembramenti le concentrazioni possono aumentare localmente così come i rischi dovuti ai contatti ravvicinati, pertanto è assolutamente necessario rispettare le norme anti-assembramento anche in aree outdoor”.
A indicare la possibilità di un legame tra inquinamento e coronavirus è un nuovo studio pubblicato di recente sulla rivista Environmental Pollution. La ricerca, diretta dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) in collaborazione con l’Università del Salento e l’ISS, ha preso in esame le concentrazioni di alcuni inquinanti atmosferici (PM10, PM2.5, NO2) e la distribuzione nel tempo e nello spazio dei casi di malattia e dei decessi per Covid-19 (nello specifico, i livelli di incidenza, mortalità e letalità di Covid-19), prendendo in esame l’intero territorio italiano, scendendo fino al livello delle singole unità territoriali e includendo in particolare quattro delle regioni più colpite (Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto).
L’analisi è stata effettuata sui dati del primo trimestre del 2020 per ridurre il più possibile gli effetti del lockdown sui livelli di inquinamento atmosferico, i risultati fanno ipotizzare una correlazione (da moderata a robusta) tra il numero di giorni che superano i limiti annuali di concentrazione massima imposti per gli inquinanti atmosferici PM10, PM2.5 e NO2, e i livelli d’incidenza, mortalità e letalità per Covid-19 rilevati nelle 107 province prese in esame, anche se tale correlazione appare meno forte (da debole a moderata) quando l’analisi viene ristretta alle quattro regioni del Nord Italia, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto, più duramente colpite dalla pandemia.
I livelli di PM10 e PM2.5 mostrano una più alta correlazione rispetto al diossido di azoto (NO2) con i parametri correlati alla diffusione del Covid-19 in Italia. Infine, i diversi livelli di PM10 sono stati ulteriormente analizzati e confrontati con la variazione del tasso d’incidenza di Covid-19 in tre aree del Settentrione tra le più colpite dalla pandemia (Milano, Brescia e Bergamo) nel mese di Marzo 2020.
Tutte le aree mostrano un andamento temporale simile per le concentrazioni rilevate di PM10, ma una diversa variazione del tasso di incidenza di Covid-19, meno grave a Milano rispetto a Bergamo e Brescia. La ricerca dovrà essere ampliata per tenere in considerazione possibili fattori di confondimento e dinamiche di diffusione, come per esempio dimensione della popolazione, etnia, posti letto disponibili in ospedale, numero di individui sottoposti a test per Covid-19, variabili meteorologiche, socio-economiche e comportamentali, giorni intercorsi dal primo caso segnalato di Covid-19, distribuzione per età della popolazione, ecc.
I risultati di questo studio fanno ipotizzare, infatti, che sia necessario considerare questi fattori di confondimento per spiegare perché i profili pressoché identici di PM10 osservati a Milano, Bergamo e Brescia nel primo trimestre del 2020 non abbiano prodotto variazioni simili del tasso di incidenza di Covid-19. Inoltre, questi fattori potrebbero giustificare la differenza nella significatività statistica delle correlazioni che si osserva quando si confronta il sottoinsieme delle 4 regioni del Nord Italia con l’intero paese italiano.
Anche noi abbiamo provato a fare una piccola statistica: abbiamo preso la macroregione del Nord (esclusa la Liguria) ricadente quindi del bacino padano (valli alpine incluse) e confrontato con il resto della Penisola (abitanti, numero di casi e decessi) e abbiamo avuto un risultato sorprendente!
La Macroregione padana conta poco più di 26MLN di abitanti cioè il 43,34% della popolazione italiana ma ha fatto registrare (fino al 26 Dicembre 2020) 1.172.002 casi positivi pari al 57,49% del totale dei casi nazionali. I deceduti sono stati 49.524 (il 69,15% del totale) e ne consegue che la mortalità (decessi in percentuale alla popolazione) è stati pari allo 0,19% (0,12% a livello nazionale) e la letalità (decessi in percentuale ai casi positivi) si è attestata, invece al 4,23% (3,51% a livello nazionale).
Da tutto ciò emerge chiaramente che sia l’incidenza dei casi che i decessi sono nettamente superiori in questa zona d’Italia rispetto al resto della Penisola. (G.G.)